15 febbraio, 2015

La medicina anti-amore. Una buona idea?

Molti neuroscienziati che lavorano sui rimedi contro le pene d'amore, non tutti, vedono di buon occhio lo sviluppo di un mercato di medicamenti che blocchino i sentimenti.

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L'amore? "Un fenomeno perfettamente ancorato al sistema chimico del cervello che si è evoluto in funzione delle necessità riproduttive dei nostri antenati". Per i romantici l'amore, con le sue pene, non tramonterà mai. Ma Brian D. Earp che conosce i sentimenti nutre qualche perplessità. Questo specialista dell'etica scientifica ha scritto sulle "biotecnologie anti-amore" (If I Could Just Stop Loving You: Anti-Love Biotechnology and the Ethics of a Chemical Breakup) come trattamento contro i dolori di cuore e ne ha parlato al New Scientist affermando che nonostante questo settore della scienza sia "molto nuovo, ci sono diverse possibilità (di farmaci anti-amore), alcuni farebbero perno sugli effetti collaterali dei farmaci già esistenti". 

Come spiegato dalla autorevole rivista scientifica britannica ('Cure for love: Chemical cures for the lovesick') "le recenti scoperte sulle radici chimica dell'amore fanno in modo che ci si avvicini sempre più ai mezzi per lenire i suoi mali". Un team di ricercatori italiani dell'Università di Pisa tenta, per esempio, di affrontare il fatto che ci si concentri sul lato cattivo del nostro partner. Il tentativo si baserà sui farmaci usati contro i disturbi ossessivi-compulsivi. In questi casi, i ricercatori hanno capito che i pazienti avevano livelli anormalmente bassi di serotonina, un ormone che gioca sull'umore. Dopo un anno di trattamenti per stabilizzare questo tasso, gli amanti non focalizzano più l'attenzione sulle carenze del loro partner. 

Durante la sua ricerca, il professore Larry Young, dell'Università Emori di Atlanta, ha iniettato a delle arvicole (una specie di criceti) femmine, dei medicamenti bloccanti, tipo dopamina o ossitocina, neurotrasmettitore e ormone che influenzano il comportamento e coprono questioni come l'assunzione di rischi, l'empatia e l'attaccamento. Ha capito subito che le sue cavie erano poi diventate arvicole poligame laddove in natura sono una specie monogama. "Ciò significa che è possibile bloccare l'ossitocina e quindi l'impegno a lungo termine", suggerisce lo scienziato. Secondo lui, potrebbe essere utile per uscire dalla depressione correlata alla perdita di una persona cara. Ma alla domanda se fosse opportuno mettere tali soluzioni alla portata di tutti il cattedratico risponde "Penso che ci sarebbe un vero e proprio mercato, ma certamente non lo consiglio". 

Il pericolo principale di questo tipo di medicina, secondo Brian D. Earp, è che "la gente sarà troppo facilmente portata a rivolgersi ai farmaci per risolvere i propri problemi, impedendo di pensare alle vere cause della sofferenza. Se vengo da un cattivo rapporto, sarebbe forse più opportuno che prima pensassi a ciò che è successo piuttosto che prendere una pillola per imbarcarmi in un nuovo rapporto". 

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