21 ottobre, 2015

Perchè tanto imbarazzo in ascensore?

Lì, in attesa dell'ascensore, il tuo capo. In una frazione di secondo, la voglia di correre per le scale vi prende, ma già le porte sono aperte. Troppo tardi. Dopo un timido buon giorno, destinazione 6°, lo sguardo e il naso verso le scarpe, maledicendo la lentezza della cabina e tentando di decifrare questi momenti dolorosi della solitudine.  

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Lo abbiamo sperimentato tutti, l'ascensore è un luogo di confinamento, perchè noi tendiamo a sentirci subito dipendenti da una situazione in cui si è legati all'altro. Ci riporta alla sfera dell'intimità, come direbbe lo psicologo. Va da sè che non è facile essere zen quando arriva chi non sopportate affatto. 

Ma cosa succede per davvero? Anche se non sempre ne siamo consapevoli, siamo fatti per collegarci, gli uni agli altri, di fatto, molto sensibili alle sensazioni emotive intorno a noi. Quindi, se si è in una situazione conveniente, ciò che di solito si definisce come una risonanza positiva, ci si sente bene. Al contrario, circondati da persone frettolose o ansiose, anche se silenziose, invieremo segnali negativi, creando così una dissonanza che crea disagio. Siamo tutti spugne di sentimenti, in apnea, quando nasce l'impasse. La respirazione può riprendere un secolo più tardi, all'apertura delle porte. 

Come uscirne? La chiave per riprendere il controllo, non riuscendo ad analizzare ciò che, durante l'infanzia, potrebbe aver generato una sensazione di insicurezza è fuggire dall'evasione. Per non attivare i segnali negativi della comunicazione non verbale, dobbiamo entrare subito in contatto con un ciao, uno sguardo o un sorriso. Anche se non si vuole prendere il carico della situazione, sfoderiamo il nostro sorriso migliore, siatene certi, ci verrà restituito. É un po' come attivare la pompa della felicità sulla terra. Non ci sarà molto da attendere, pochi attimi, alcuni piani. 

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